venerdì 7 novembre 2008

Novità su piazza Navona: il caso

Scritto su UnicaMente.org
Mercoledì 05 Novembre 2008 13:33


La mobilitazione contro la legge 133 prosegue nell'ateneo Cagliaritano come in tutta Italia.
Il dl 112 divenuto legge 133 il 6 Agosto 2008 è il motivo cardine della mobilitazione nata nelle scuole e negli atenei d'Italia, come ormai molti sanno esso prevede oltre i tagli indiscriminati, il blocco del turn over al 20% e la possibilità/necessità per gli Atenei (e non solo) di passare a fondazioni private.
Gli studenti in queste settimane hanno ricordato che l'università italiana ha dei limiti, che ci sono dei problemi che vanno dai baroni agli sprechi, ma la strada per risolverli è l'autoriforma non la 133
Nel recente 29 Ottobre è stata approvata al senato la legge 137 (o decreto Gelmini). In quell'occasione migliaia di studenti sono scesi in “piazza Navona” a Roma, sulla scia di una protesta che si protrae ormai da un mese, con sit-in sotto il senato e con oltre 1000 studenti che hanno dormito alle sue porte la notte!
Al corteo pacifico del 29, dopo le dichiarazioni dell'ex presidente della repubblica Cossiga, sono avvenuti pesanti scontri in piazza Navona. Le mezze verità divulgate in questi giorni sono inaccettabili, lo attestano le foto e sopratutto i video che si trovano in rete (trovate info anche su unicamente.org).
Organizzazioni di estrema destra come blocco studentesco e casa pound hanno picchiato a mazzate e cinghiate i manifestanti.
Le faziose ricostruzioni che son seguite a questo atto criminale da parte del governo sono sconvolgenti.
Tutto fa pensare ad uno scenario studiato “ad hoc” per distogliere l'attenzione dal problema principale: la legge 133 e lo smantellamento dell'istruzione pubblica. Non è un discorso di guerra fra centri sociali e destra estrema ma di attacco diretto alle fondamenta della nostra democrazia.
Se da un lato son da scongiurare le strumentalizzazioni partitiche, c'è chi cavalca l'onda del qualunquismo per diffondere confusione e spesso menzogne!!
Il movimento UnicaMente contro la 133 si dichiara rigorosamente antifascista, inteso come rilancio di una partecipazione attenta alla nostra democrazia, come salvaguardia della nostra costituzione.
Nella notte fra il 3 e il 4 Novembre, a seguito della trasmissione televisiva “Chi l'ha visto” in cui son stati mandati in onda le immagini e i video di blocco studentesco sorpreso nei pestaggi a piazza Navona, è stato effettuato un bliz agli studi Rai di di via Teulada a Roma. L'attacco è stato rivendicato proprio da Casa Pound e a questo son seguite minacce telefoniche ai conduttori del programma.
Ricordiamoci che il fascismo iniziò così, grazie all'azione di pochi e all'indifferenza dei più...

domenica 19 ottobre 2008

Crisi dei Mercati, il bisogno di una sinistra forte e riformista e non di una copia del berlusconianismo o di un radicalismo delle chiacchiere.

Crisi dei mercati.

Ballando sul precipizio, Berlusconi e Tremonti giocano con i destini dell’Italia. (di Gianni Rossi)


Ballando, ballando su una fune tesa tra le rocce scoscese dei mercati finanziari, come surreali clowns, Berlusconi e Tremonti lanciano messaggi rassicuranti agli italiani, ancora abbagliati dal loro “decisionismo neoconservatore”. Un anno fa anche i potenti della terra, Bush, Cheney e il superministro del tesoro americano Paulson, con la supina corte dei banchieri centrali, suonavano la stessa musica: “la crisi dei mutui sub-primes è passeggera, il sistema è forte e l’economia è in espansione”. Bugiardi ed incompetenti!

Ad un anno da quel primo forte segnale di allarme, la finanza mondiale sta avvitandosi in una crisi che supera di gran lunga quella di Wall street nell'ottobre del 1929, perché coinvolge tutto il pianeta che grazie alla “rivoluzione telematica”, internet, telefoni satellitari e new-media, in tempi reali interagisce sui diversi mercati 24 ore su 24, macinando utili e perdite.

Dai primi segnali di crisi ad oggi ci sono stati vari summit finanziari del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, due riunioni del G-8, e vertici Ecofin europei, tutti incapaci di analizzare nel profondo cosa stava capitando e di affrontare il virus con qualche ricetta liberista.

Oggi, subito dopo che i due rami del Congresso statunitense hanno approvato il pacchetto per il maxi-salvataggio da 850 miliardi di dollari (ma ne sarebbero serviti, secondo gli analisti, più del doppio!), i mercati hanno ripreso fiato fino al nuovo prevedibile crac nelle prossime settimane. Questi in sintesi i punti principali del Piano Paulson, rivisto e corretto dal Congresso:

- Una quota di proprietà delle società che accedono al programma di salvataggio andrà ai contribuenti, che avranno anche la possibilità di ricevere un profitto, se le condizioni di mercato migliorano. Gli stessi contribuenti saranno al primo posto nel recupero degli asset, se una società che partecipa al programma dovesse fallire, e saranno ripagati completamente nel caso in cui altre protezioni non abbiano generato un profitto. Il governo avrà la possibilità di acquisire asset a rischio, legati ai mutui anche da fondi pensione, governi locali e piccole banche che servono famiglie a reddito medio e basso.

- Non saranno più possibili paracaduti multimiliardari per gli amministratori delegati o per altri dirigenti che perdono il posto. Previsti anche limiti ai bonus o ad altri compensi che incoraggiano assunzioni di rischio non necessarie, così come la restituzione del bonus in caso in cui siano fondati su guadagni promessi, che si sono rivelati poi falsi e sbagliati.

- Viene istituito un organismo con board indipendente di supervisione del programma nominato dal Congresso. Previsto il controllo e la supervisione del programma da parte del General Accounting Office (la Corte dei Conti americana). Viene nominato un Ispettore generale per monitorare le decisioni del Tesoro. Possibilità di riesame da parte del giudice delle azioni del Tesoro. Rafforzata anche la trasparenza: verranno richieste le tracce delle transazioni online.

- Protezione per i proprietari di case colpiti da pignoramenti, che potrebbero arrivare fino a due milioni nel 2009. Potere per il governo di rinegoziare i termini dei mutui per ridurre le pressioni sulle famiglie. Aiuti alle banche locali colpite dalla crisi dei mutui.


Lo stato iper-liberista ha così abdicato, senza interrogarsi sul recente passato e sull’incerto futuro, all’iper-statalismo. Siamo così passati dall’assenza di regolamentazioni o di scarsi controlli sui nuovi prodotti della finanza “creativa e speculativa” all’interventismo dei governi centrali, che per non abdicare ai dettami del “proto-capitalismo” si fingono “salvatori della patria e del mercato” con strumenti da socialismo sovietico.Morta dopo 30 anni di disastri la dottrina, da troppi seguita, della Scuola monetarista di Chicago di Friedman, ora sia gli economisti liberisti sia quelli che timidamente la osteggiavano, riscoprono le antiche ricette di Keynes, rivedute e corrette nell’era della globalizzazione.

Gli appelli degli economisti più avveduti si moltiplicano sul Web, ma intanto il flusso carsico della crisi non risparmia più nessuno: l’ondata dirompente di questo fiume sotterraneo sta ormai affogando anche grosse banche europee e rivoluzionando gli equilibri del potere finanziario continentale. Si scopre così che gli spagnoli si comprano banche inglesi (la Gran Bretagna è stata la prima ad “ammalarsi”, in quanto il suo sistema, seppure governato dal New Labour è del tutto simile agli USA), mentre gli austeri banchieri dei Paesi Bassi e della Svizzera si trovano a chiedere aiuto più che alle “banche sorelle” alla benevolenza dei loro governi.E in Italia? Davvero il nostro sistema bancario-finanziario è esente dal virus? Certo che no!Intanto, anche in Italia lo shopping bancario e industriale da parte degli stranieri ha già visto come protagonisti proprio gli spagnoli, seguiti da francesi e tedeschi: Telecom, BNL, fra poco anche Alitalia, per citare qualche caso. Solo l’Unicredit sembra invece tendere all’internazionalizzazione, e proprio per questo, risulta la più esposta a questo uragano che soffia dall’America, sfidando tutti i principi della geofisica.

Nonostante le assicurazioni demagogiche di questi giorni e anche dopo il vertice fallimentare francese del G-4 (che non ha messo in piedi nessuno strumento pratico, esponendo quindi i mercati europei alle turbolenze speculative), Berlusconi e Tremonti non sanno in realtà come affrontare questa crisi, se non abdicando alle loro semplicistiche teorie “proto-capitalistiche”.

Sui quotidiani on line, con un tempestività incredibile, è apparso un banner pubblicitario della Mediolanum, la banca-assicurazione di investimenti di Berlusconi e Doris ( grazie alla quale la famiglia del Cavaliere siede dentro Mediobanca e in altri “salotti buoni” finanziari-editoriali), che visualizzando le tre date storiche della crisi delle borse (1929, 1987 e 2008) recita così: “La storia insegna. Ogni momento di ribasso è un’opportunità di investimento. Parlane subito con un family banker della Mediolanum Best Brands”.


Questa è la vera filosofia che sta alla base della visione del mondo, della società, dell’economia, di Silvio Berlusconi: “se qualcuno vicino a te è in crisi, sfrutta la situazione e cerca di trarre profitto dalla sua sfortuna”. In pratica l’antico adagio latino “homo homini lupus”, che poi sta alla base della concezione ideologica del conservatorismo più iper-liberista, riassumendo la condizione dell'uomo descritto dal filosofo inglese Thomas Hobbes, secondo cui la natura umana è fondamentalmente egoistica e a determinare le azioni dell'uomo sono soltanto l'istinto di sopravvivenza e di sopraffazione. Se gli uomini si legano tra loro in amicizie o società, regolando i loro rapporti con le leggi, ciò è dovuto soltanto al timore reciproco, perché in una “guerra di tutti contro tutti”, vale sempre l’atavica legge della sopravvivenza “mors tua vita mea”. Specie negli affari!


Da questa filosofia semplicistica e brutale derivano i fondamentali della politica di Tremonti ora Robin Hood, ora parolaio vendicatore dei tartassati dal fisco iniquo, o ancora inventore di artifici contabili per aggirare i paletti fissati dall’Unione Europea e da tutte le istituzioni regolamentatici internazionali. La stessa filosofia che da decenni ispira Berlusconi secondo il quale la storia non insegna nulla, la memoria è un lieve ricordo di qualche puntata passata della interminabile telenovela intitolata “Dinasty Italia”: non servono più le anacronistiche categorie di sinistra e destra, fascismo e antifascismo; ricchi e poveri sono solo distinzioni dello spirito, mentre i lavoratori sono “collaboratori” e i padroni “padri di famiglia”.E se qualche partito, movimento o sindacato si oppone a questo “format” da reality show fantapolitico, ecco allora che si scatena tutta la potenza mediatica del Cavaliere contro i “non allineati”, coloro che disturbano il “grande manovratore”. Un esempio, dopo il caso Alitalia, è il sistematico tentativo di emarginare la sinistra radicale, il “dipietrismo”, il Veltroni non più accomodante e la CGIL.Si tende ad isolare l’unico sindacato realmente radicato nel territorio e diversificato, come la CGIL, serbatoio della classe dirigente politica per tutta la sinistra, cercando di mortificarlo ed indicandolo come il “male estremo” per la restaurazione di un regime neo-conservatore e corporativista: proprio come quanto indicato nel famigerato Piano di rinascita per l’Italia redatto alla fine degli anni Settanta dal capo della loggia massonica deviata P2, Licio Gelli. Dopo la “normalizzazione” dei media, la determinazione a ridurre le spese per la scuola (modificandone surrettiziamente anche il modello educativo), per la sanità (riproponendo la stantia ricetta reaganiana di aumentare la presenza dei privati) e per il pubblico impiego, ora si passa allo stravolgimento della contrattazione nazionale, così come la conosciamo dagli inizi degli anni Settanta, riveduta e corretta durante i governi centrosinistra negli anni Novanta.

Non ci si rende conto invece che questa crisi affonda le sue radici anche nel “nanismo” produttivo economico italiano, nel suo ricorrere all’intervento “salfivico” dello stato in ogni situazione di crisi ciclica, facendosi forte della dottrina neo-liberista: “Pubblicizzare le perdite e privatizzare i profitti”, quella stessa che è stata utilizzata per far uscire l’Alitalia dalla crisi fallimentare. Il prospettato, e per molti versi auspicato anche dalla nostra Confindustria, intervento dello stato per affrontare l'attuale crisi significherà più tasse e meno welfare per tutti, salariati, pensionati e precari; significherà bruciare il terreno sotto i piedi delle nuove generazioni.Lo spettro della stagflazione e dell’aumento della disoccupazione è ormai diffuso su tutta la penisola e solo una sinistra che abbia il coraggio di ricostruire la propria identità, organizzata secondo una rete aperta, slegata da vincoli arcaici vetero-comunisti e tetragona ai richiami delle sirene del consociativismo berlusconiano, solo così una sinistra riformista, europea con una strategia economica basata su ricette keynesiane ammodernate potrà contrastare questa deriva.

La crisi italiana, ma non solo, porrà al centro della politica anche antichi valori che sembravano dimenticati o strumentalmente ghettizzati, come “l’etica del lavoro”, il ritorno ad un’economia che ponga l’uomo al centro della creatività e del soddisfacimento dei propri bisogni, anzichè il profitto a tutti i costi. Una revisione del “Welfare state”, dunque, del ruolo dello stato nei confronti del mercato, dell’economia produttiva e dei rapporti con i cittadini-consumatori-elettori-opinione pubblica; ma anche un grande impulso a creare nuove infrastrutture pan-europee per i trasporti e le comunicazioni. Andrà rivista la politica delle privatizzazioni, ripensando a cosa debba definirsi “bene pubblico, collettivo, irrinunciabile”, come il sistema integrato delle reti: elettricità, acqua, telefoni, autostrade, trasporti (ferrovie, navi e aerei).

Ovvero quei servizi dove negli ultimi 20 anni si sono concentrati gli interessi più speculativi del “protocapitalismo”.

Per avere le mani libere nel loro interventismo statalista, i “Quattro grandi coronati” da Parigi hanno lanciato anche un altro messaggio che, se messo in pratica, si rivelerà un disastro ancora più traumatico dell’uragano finanziario nordamericano. Per salvare il sistema bancario si ricorrerà a “nazionalizzazioni mascherate”, aumentando così il rapporto Deficit/PIL, sforando quindi i parametri di Maastricht: bilanci statali più indebitati vuol dire tassazioni più alte per anni ed anni, oltre che diminuzione delle spese sociali, assistenziali e previdenziali. Ma anche debolezza dell’Euro e perdita di competitività sui mercati globali. Nonostante la rigidità di quei parametri, proprio grazie al Trattato di Maastricht, dobbiamo la stabilità di questi ultimi 15 anni come Italia ed Europa!Anziché intervenire sulla capitalizzazione degli istituti in crisi, cambiando i vertici e chiedendone conto amministrativamente e legalmente, si preferisce dunque acquisirne il controllo, sborsando soldi pubblici (i nostri risparmi-tasse!); mentre sarebbe molto più redditizio ed etico affrontare la riduzione delle tasse sui depositi e i mutui per la clientela diffusa, aumentare invece la tassazione sui profitti speculativi, come avviene in tutta Europa, varando subito quella legge che una parte della sinistra aveva promesso, ma che, osteggiata dalla destra berlusconiana fu poi accantonata dall’inerzia del governo Prodi.


Diviene ora ancora più pressante l'obbligo di riformare alla radice le istituzioni internazionali di controllo e analisi come il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale, la BCE e le stesse Autorità di garanzia e controlo antitrust e sulle attività di borsa; stabilire regole internazionali sugli intrecci di potere e i conflitti di interesse: come l'incompatibilità a ricoprire incarichi di governo pur essendo stati ai vertici di istituti finanziari (il caso del ministro USA Paulson e di diversi suoi colleghi dell'esecutivo Bush), o detenere quote di società finanziarie, dei media e di società erogatrici di servizi fondametali (come energia, telecomunicazioni, trasporti) e assumere incarichi governativi.

Un compito davvero imponente che non può vedere protagonista proprio quella stessa classe politica al potere neo-conservatrice (anche se in Germania e in Gran Bretagna è di color socialdemocratico "pallido"), che non ha saputo colpire i tanti e diversi conflitti di interesse in essere nei vari paesi dell'Occidente, oggi in preda alla crisi dell'iper-liberismo.


Più che “Autunno del patriarca”, insomma, ci stiamo avviando verso un “Viale del tramonto” di questo sistema capitalistico, figlio delle teorie contrapposte del tardo Ottocento, che hanno insaguinato il paneta per gran parte del Novecento. Speriamo almeno che in Italia a percorrerlo siano solo quei “simpaticoni” della BBB, ovvero la “Berlusconi and Brothers Band”, con tanto di Apicella alla chitarra per alleviarne i lamenti! Roberto S.

sabato 18 ottobre 2008

Precari oggi. Basta! - Scusa, ma ti chiamo A ORE.


8 sintomi per potersi definire precario - da Annozero.



Le vignette di Vauro - Annozero Precarietà

venerdì 17 ottobre 2008

17 Ottobre. Giornata mondiale contro la povertà

"Come si vive con 1000 euro al mese?"

Gran bella domanda non c'è che dire. A me, però di domanda me ne viene un'altra e cioè: "Come si vive con meno di 1 dollaro al giorno?" Secondo me si vive male, molto male. Potrei chiederlo a quel miliardo di persone che vivono in questo modo, e non perché siano costretti o perché abbiano fatto voto di povertà. No, questi signori sono costretti a vivere con meno di 1 dollaro al giorno perché hanno avuto la sfiga di nascere nel mondo povero [anche se non so se nascere nel mondo ricco possa considerarsi una fortuna, vedendo certe cose...], perché gran parte di quei "paesi ricchi" sono diventati tali sulla pelle di persone - molto spesso bambini - sfruttati dalle multinazionali, o comunque utilizzati come mere macchine di produzione per gli sfizi ed i vizi del mondo ricco.

Beh, io credo sia ora di dire basta. Basta a questa situazione ineguale in cui meno del 10% della popolazione mondiale dispone di più del 90% della ricchezza totale. Basta a questa situazione in cui bambini ricchi si ammalano perché hanno troppo mentre i bambini poveri si ammalano perché non hanno niente. E' ora di dire basta una volta per tutte, e questa crisi economica mondiale può essere il punto dal quale ripartire, visto ormai il palese fallimento del modello finora conosciuto.

Per questo vi invito a partecipare all'iniziativa promossa dalle Nazioni Unite denominata STAND UP - Take Action [clicca qui per l'iniziativa]e quindi scendere - seppur virtualmente - in piazza per ricordare al governo gli impegni presi.

Perché partecipare all'iniziativa?
  1. Stand Up! Per chiedere al governo più aiuti e migliori ai più poveri!
  2. Stand Up! Per chiedere a Governo e Parlamento di annullare gli ingenti tagli alla cooperazione previsti dal decreto legge n.112 del 25/6/08.
  3. Stand Up! Per l'oltre un miliardo di persone che vivono con meno di 1 euro al giorno!
  4. Stand Up! contro la povertà e per il raggiungimento degli Obiettivi Millennio!
  5. Stand Up! Per chiedere al Governo Berlusconi di rispettare i propri impegni contro la povertà!
  6. Stand Up! per non rimanere inermi di fronte alla povertà e ai diritti umani violati!
  7. Stand Up! perché è un gesto semplice che se verrà compiuto da milioni di persone in tutto il mondo non potrà essere ignorato dai nostri governi!

by
Nunca Màs